Le castagne sono state una ricchezza inestimabile per l’alimentazione delle popolazioni montane che, curando alberi e sottobosco durante tutto l’anno, cominciavano in questo periodo a cogliere i frutti del duro lavoro come pure prezioso il castagno che fino a cinquant’anni fa, prima dell’avvento del rovere, era il legno principe per la costruzione delle botti da vino nel Chianti.
Le caratteristiche organolettiche della castagna ci regalano un’infinità di ricette: possiamo mangiarle fresche, secche, ridotte in farina; usarle come primo piatto in forma di minestre, zuppe o pasta oppure come condimento per i ripieni o con la cacciagione; infine rappresentano l’ingrediente principe di golosi dessert, dall’aristocratico Mont Blanc, al castagnaccio, ai necci.
Necci: parola per me magica, che fa affiorare ricordi giovanili della paterna nonna Matilde che li preparava sulla brace del camino nella collina pistoiese maneggiando con maestria i testi.
Farina di castagne, acqua e sale gli ingredienti per fare una pastella piuttosto liquida da inserire tra i testi e formare un’antenata delle crêpes da farcire di ricotta fresca e condire con un filo di miele di castagno.
Venendo dalla cucina povera, non esiste per questa ricetta un abbinamento enoico di tradizione, ma un vino bianco passito come il moscato Colosi con i suoi profumi fruttati e avvolgenti accompagna con armonia il sapore genuino dei necci.
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