Ieri sera ho cucinato un piatto povero e ricco allo stesso tempo, cicoria e fagioli con un filo d’olio extravergine: rispettivamente l’amaro, la tendenza dolce ed il velluto.

Povero per gli ingredienti e ricco dei sapori della tradizione contadina toscana, che ho conosciuto e amato grazie a mio padre. Tra le due guerre mondiali in quel della collina pistoiese il bollito di manzo era il piatto della festa, del Natale, e il cibo di tutti i giorni era il frutto dei campi e del bosco: polenta, cicorie, cavolo nero, castagne e tanti fagioli.
Parlando di questa cultura gastronomica contadina mi viene in mente un altro grande piatto tipico: la cavolata, ovvero una polenta bella soda miscelata con tanto cavolo nero e fagioli e, una volta fredda, affettata e passata sulla griglia o fritta nell’olio.
Era il tempo in cui solo le classi più abbienti mangiavano carni in abbondanza tant’è che una delle malattie più diffuse era, per l’eccesso di proteine, la gotta che però colpiva anche le classi meno abbienti sempre per l’eccesso di proteine ma di origine vegetale, appunto fagioli e castagne.

