Quando nel 1995 ci trasferimmo dal ristorante polifunzionale (menu à la carte, banchetti, cerimonie e offerta turistica) al piccolo mulino restaurato, passammo da 250 a 45 coperti, giocoforza cambiammo le nostra proposta gastronomica.

Fondamentalmente rimase invariato il lato toscano con carni, cacciagione e funghi, mentre cambiò radicalmente il menu di pesce .
Non avevamo più l’esigenza di accontentare una clientela numerosa ed eterogenea, quindi decidemmo di utilizzare solo pescato locale, evitando l’allevamento e privilegiando i pesci poveri e meno conosciuti.





Questa scelta ci portò a rispolverare ricette di antica tradizione e a crearne di nuove. Tra le altre lo spezzatino di pesce serra con porcini, pomodoro e timo come esempio di innovazione e la terrina di alici e scarola come ricetta di tradizione, interessanti anche per gli abbinamenti proposti con vini rossi freschi e giovani come Ciliegiolo e Nerello Mascalese.
Visto che il menu variava frequentemente a seconda della disponibilità delle materie prime, non potendolo illustrare per intero a voce, avrebbe potuto esserci qualche problema di comunicazione con i clienti. Ci venne quindi in aiuto l’informatica, che ci consentiva di stamparlo giornalmente, cambiandolo anche dal pranzo alla cena, e di avere sempre la carta dei vini aggiornata. In questo modo era possibile evitare di fare correzioni a matita o, peggio, di tornare dal cliente scusandosi per aver terminato un certo piatto o vino.
Neanche a farlo apposta una bella dedica la lasciò in seguito un matematico, scrittore e divulgatore scientifico: Roberto Vacca.