In un paese ricco di storia e tradizioni millenarie bisognerebbe preservare di più il retaggio culturale dal quale discendiamo. Purtroppo le leggi del mercato globale e l’esigenza di guadagni “veloci” portano a scelte discutibili.
Il Chianti di oggi per disciplinare è composto solo da uve rosse, 80% di Sangiovese e restante 20% di Canaiolo nero, Colorino e, udite udite, Merlot e Cabernet Sauvignon. Questi ultimi due vitigni, “internazionali” perché coltivati con successo in tutto il mondo, secondo me vanno a snaturare le caratteristiche del Chianti, avvicinandolo al gusto appunto internazionale .
Non dovremmo mai avvicinare il gusto del nostro vino ai consumatori ma fare l’esatto contrario: avvicinare i consumatori al nostro vino.
Ho nostalgia del Chianti fatto con le uve rosse toscane suddette e con l’aggiunta di piccole percentuali di Trebbiano e Malvasia, magari nella versione con la pratica del governo alla toscana: aggiunta di mosto di uve rosse appassite dopo la prima fermentazione, che dona freschezza e fruttato. Sicuramente non un vino da grandi occasioni ma un bere schietto, piacevole e senza pensieri come da saggio proverbio toscano “pan del giorno vin dell’anno”.