1957: l’anno di apertura della trattoria da Sirio in piazza Mattei a Formia.
Ho davanti a me un bottiglia di Chianti Riserva Ducale Ruffino di quell’anno e penso a quanto sia cambiato il mondo del vino.


Prima le DOC, poi le DOCG; denominazioni che avrebbero dovuto garantire il consumatore e invece, usate malissimo, hanno affossato il controllo qualitativo.
Tra un vino da tavola, un DOC ed un DOCG dovrebbero esserci differenze nella produzione che si riflettono poi sulla tipologia del prodotto e quindi sul suo prezzo, dando indicazioni, seppur di massima, al consumatore.
Oggi invece troviamo sugli scaffali vini DOCG che costano quanto un vino da tavola e la mancanza di controllo che consente questa contraddizione danneggia non solo i consumatori, ma anche i produttori e tutto il mondo del vino, che deve la sua crescita ai vignaioli illuminati che non guardano solo alla logica del profitto.
Diffidiamo dei grandi vini dai prezzi troppo bassi.
Consoliamoci con un vitigno di difficile vinificazione, quindi non troppo comune e, di conseguenza, non sfruttato: il pinot nero.
Uva dalla buccia sottile, poco colorante, pochi tannini molto morbidi, bella acidità e profumi di ciliegia e lampone danno un vino che sposa piatti con funghi, risotti, formaggi e, proprio per i tannini morbidi che non diventano mai allappanti, rinfrescandolo sarà sorprendente su primi piatti e secondi di pesce salsati.
Dalle zone più vocate tre suggerimenti:
- Alto Adige: Pinot Nero Meczan Hofstätter;
- Friuli Isonzo: Pinot Nero I Feudi di Romans;
- Oltrepò Pavese: Pinot Nero Ca’di Frara.