Più di trent’anni fa acquistai il Regaleali Rosso del Conte Tasca d’Almerita 1985, siculo uvaggio di Nero d’Avola e Perricone maturato in botti di castagno e quindi senza concessioni “internazionali”, intendo aggiunte di Merlot o Cabernet e affinamento in rovere.
Il vino, di grande struttura, era ostico, duro, con le caratteristiche tipiche dei vitigni ma, appunto, con i tannini del castagno acerbi e ruvidi.
Ripetuti assaggi periodici mi convinsero che il tempo sarebbe stato un buon alleato e così, quindici anni dopo, mi trovai a servire le ultime bottiglie in una cena di degustazione di Slow Food, tema i vini siciliani, con un successo strepitoso.
Tannini morbidi e vellutati, frutta rossa sotto spirito, spezie, sentori profondi di sottobosco ed una persistenza che sembrava non finire mai.
Esperienza purtroppo irripetibile in quanto l’azienda produttrice dal 1988 ha sostituito il castagno con il rovere francese, legno dai tannini più morbidi e dolci, creando un vino diverso, assolutamente valido, ma praticamente pronto da bere subito.
Questa tendenza, dettata dall’esigenza di un mercato sempre più “veloce”, si è allargata a tutti i grandi rossi italiani dal Barolo al Brunello.
In conclusione berremo sempre ottimi vini ma senza la possibilità, affascinante, di vederli crescere, anche per venti o trent’anni, apprezzandone i cambiamenti che tempo e cantina aiutano a raggiungere.